Il fuoco è stato il principio motore dell’universo. Quando la sfera incandescente ha cominciato a raffreddarsi le eruzioni vulcaniche hanno dato forma e sostanza all’atmosfera primordiale. Dalla condensazione del vapor d’acqua si sono generate le piogge che hanno imperversato per milioni di anni e poi è nata la vita con la formazione delle grandi foreste. Il fuoco è luce, calore, energia, sistema di purificazione e ricambio delle biomasse. Nella festa delle Lucerne, che si ripropone ogni quattro anni, sono conservati i simboli più antichi della cultura umana. Suggestioni ancestrali capaci di rimuovere inconsciamente il nostro senso di appartenenza al genere umano pervase dalla cultura del fuoco. Il sesso femminile, in senso dialettale viene chiamato “frutto del fuoco” proprio per significare un elemento fondamentale della vita. In molti Paesi del mondo ci sono iniziative simili alla Festa delle Lucerne che si richiamano genericamente alla cultura del fuoco, elemento della vita, che rappresenta un codice utilizzato per declinare le più svariate forme di espressività popolare. In genere, però, le Feste della luce e del fuoco si svolgono nei periodi del solstizio invernale quando i raggi riprendono vigore dopo il lungo il buio invernale. La Festa delle Lucerne, invece, si tiene ad agosto, quando il fuoco, dopo i raccolti estivi, brucia le stoppie per preparare i campi a nuovi frutti. Questo farebbe pensare che più che ad un trionfo della luce, la Festa delle Lucerne sia, invece, una elegia al fuoco. Sicuramente tra i tanti significati che si intrecciano in questa Festa c’è da considerare anche quelli generati dalla natura vulcanica del suolo. Certe volte nella contemplazione dei coni di luce che si snodano nei vicoli, sembra che si legga il tentativo di imbrigliare il fuoco, relegandolo nella prospettiva che è una costruzione soprattutto umana. Gli antropologi si sono sbizzarriti sui significati della Festa più antica del popolo sommese. Molti hanno portato un contributo originale. Non sono neanche mancate vere dispute intellettuali. La Festa delle lucerne è un grande contenitore antropologico in cui spesso si aggiungono idee e proposte nuove. Uno spettacolo fantasmagorico di idee, pensieri, luci e colori. Il quartiere Casamale, depresso e desolato, improvvisamente si anima ogni quattro anni e la gente sembra felice di rappresentarsi. Mi ha fatto riflettere la dichiarazione di un organizzatore dell’evento: <<Per noi la festa è il duro lavoro che c’è per la sua preparazione. Il taglio delle felci in montagna, il loro intreccio e l’allestimento delle strutture in legno dei vicoli e della Città Murata. Per le donne è un piacere impegnarsi nella realizzazione delle maschere e delle scenette collocate vicino ad ogni cono di luce, nella pulizia delle lucerne, nell’arrotolamento degli stoppini e nella costruzione di festoni e bandiere. Per noi la Festa finisce quando accendiamo la prima lucerna>>. Insomma un rito dalle consuetudini antiche che risponde a canoni mai decodificati della cultura popolare. La gente si ritrova in questa festa ed è felice di esserci e di sentirsi comunità. Bisognerebbe però anche chiedersi che senso abbia oggi riproporre una festa nel mondo della globalizzazione. Non basta la scenografia e la spettacolarità dell’evento. Gli organizzatori si devono porre il problema di offrire contributi originali, allargando questa tradizione a tutto il popolo sommese e creando nuovi allestimenti in altre piazze o rioni. Cosi com’è la Festa è asfittica ed a certi tratti improponibile se si considerano come valori il conforto dei visitatori e il rispetto delle nuove norme di sicurezza. Inoltre bisognerebbe trovare dei momenti di confronto con le altre culture gemelle italiane e straniere per dare una prospettiva alla manifestazione. Insomma non serve solo lo specchio, posto dietro l’impianto scenico, per allungare a dismisura il cono di luce.